• Titolo: APLAR 2. Applicazioni laser nel restauro. La ragione delle scelte
  • Atti del convegno. Siena 4 luglio 2008.
  • Curato da: Anna Brunetto
  • Editore: Il prato
  • Collana: Sintonie laser
  • Data di Pubblicazione: maggio 2009
  • ISBN: 978-88-6336-064-6
  • Pagine: 224
  • Formato: illustrato in b/n, copertina 4 colori, brossura, 21x28 cm
  • Costo di copertina 25,00 euro
INDICE
PROGRAMMA DEL CONVEGNO5
Giorgio BONSANTI, Presentazione7
Enrico TOTI, Presentazione9
PRIMA PARTE Casi applicativi ed esperienze maturate - SESSIONE I - Materiali lapidei e stucchi
GIORGIO BONSANTI
Introduzione

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STEFANO LANDI, DANIELA MANNA, ANNA-KATRIN POTHOFF
Intervento di restauro della Fonte Gaia di Jacopo della Quercia. Complesso Museale di Santa Maria della Scala, Siena Continua...
Restauratori, Firenze

L'intervento prende in esame le vicende fisiche della Fonte Gaia che hanno portato all'attuale restauro. La fonte viene realizzata da Jacopo della Quercia nei primi decenni del Quattrocento in marmo della Montagnola senese e conosce - a causa della natura stessa del materiale, dell'esposizione in esterno, degli incidenti occorsi, delle operazioni di smontaggio e rimontaggio fra Otto e Novecento - una progressiva alterazione. Dai primi anni Novanta del Novecento l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze - Settore Materiali Lapidei avvia l'intervento di restauro, con il ricovero della fonte presso il Santa Maria della Scala. In ragione dell'avanzato stato di degrado - nonchè in seguito alle analisi e alle prove preliminari eseguite presso il Laboratorio Scientifico dell'Opificio, l'Istituto di Elettronica Quantistica di Firenze e il Dipartimento di Mineralogia dell'Università di Siena - si è ritenuto opportuno procedere con un intervento di pulitura impiegando la tecnica LASER, rivelatasi nello stesso tempo maggiormente efficace e rispettosa delle superfici. Nel corso dell'intervento saranno illustrati i risultati aggiunti, in termini di conoscenza dell'opera, proprio grazie all'utilizzo della metodologia LASER applicata. Chiudi

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ISIDORO CASTELLO
Il restauro del Profeta Geremia (Donatello, Firenze 1386 - 13.12.1466). Metodo di pulitura laser e tecniche tradizionali su materiali lapidei Continua...
Capo tecnico restauratore, Opificio delle Pietre Dure, Firenze

Il restauro del Profeta Geremia fa parte di un progetto di studio e restauro iniziato negli anni Novanta in collaborazione con il Museo dell'Opera del Duomo di Firenze. I primi restauri effettuati sono stati il S. Giovanni e l'Abacuc di Donatello e in breve saranno eseguiti il restauro del Profeta detto il Pensieroso di Donatello e il restauro di uno dei Profeti di Maso di Banco. Le opere nonostante siano musealizzate sono visivamente deturpate e lo stato del degrado può accellerare ulteriori problemi di conservazione. La statua del Geremia presenta uno stato di conservazione tipico delle opere esposte all'aperto, come la corrosione dovuta alle acque di dilavamento, e all'interno di ambienti urbani inquinati per cui presenta una spessa crosta nera ed uno sporco untuoso esteso su tutta la superficie. Al di sotto della crosta nera ritroviamo una stratificazione di patinatura mista olio, graffite o carbone e ocre che riveste tutta la superficie dell'Opera. Nella parte frontale si riscontrano mancanze di materiale e frammenti della scultura più scabre. Nelle parti più aggettanti, quali la spalla destra, si riscontrano inoltre perdite di materiale e decoesione dove il marmo è diventato zuccherino. L'intervento di pulitura è stato eseguito nella sua totalità con tecnologia laser, abbinata a tecniche di pulitura tradizionale. Lo scopo era quello di realizzare una pulitura selettiva, lavorando per strati come se si sfogliassero le pagine di un libro. Questo processo richiede di un'attenta lettura della superficie mirata a preservare anche le possibili tracce di policromia e di oro eventualmente presenti sul substrato lapideo. La combinazione delle metodologie di pulitura chimica insieme alla tecnologia laser ha permesso quindi di eliminare lo sporco untuoso, la crosta nera e l'estrazione delle sostanze oleose penetrate all'interno del manufatto, e di preservare nel contempo le patine ossalatiche, restituendo una superficie traslucida. La pulitura selettiva ci ha anche permesso di applicare in maniera localizzata la tecnica dell'ossalato artificiale. L'intervento tra l'altro mira anche ad eliminare o attenuare il più possibile l'ingiallimento e scurimento del marmo, che può avvenire in opere sottoposte a ripetuti trattamenti con sostanze organiche, come in questo caso con olii, cere, graffite ed ocre, svilendone la percezione visiva. Chiudi

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MICHELA PALAZZO1, MARINA DE MARCHI1, ANTONIO SANSONETTI2, CHIARA COLOMBO2, MARCO REALINI2
L'intervento di pulitura degli stucchi altomediavali provenienti dalla Basilica di Santa Maria Maggiore di Lomello Continua...
1Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, Milano
2ICVBC -CNR Sezione di Milano "G. Bozza", a.sansonetti@icvbc.cnr.it


I frammenti erratici di stucco appartenenti alla decorazione alto-medievale oggetto del delicato intervento conservativo qui presentato, sono ciò che rimane del complesso apparato decorativo che doveva rivestire, almeno in parte, le pareti interne della collegiata di Santa Maria Maggiore a Lomello, in provincia di Pavia. Questo importante edificio, costruito entro la prima metà dell'XI secolo, è uno degli esempi più precoci del sistema costruttivo proprio al romanico d'area lombarda: l'impianto longitudinale con le tre navate caratterizzate da un sistema alternato degli spazi, le volte a crociera a coprire le campate delle navate laterali e gli archi-diaframma trasversali a ritmare quella centrale, le decorazioni ad affresco e a stucco, originariamente di grande ricchezza. Purtroppo, però, l'interno della chiesa subì una radicale trasformazione in stile barocco tra il XVII e il XVIII sec.; tale intervento danneggiò irreparabilmente la fascia in stucco di epoca romanica che si trovava all'altezza delle nuove strutture voltate entro il corpo centrale. Poi in occasione del radicale restauro in stile, diretto da Gino Chierici tra gli anni Quaranta e Cinquanta del XX secolo, furono recuperati - nei sottotetti sull'estradosso delle volte barocche - i frammenti della decorazione in stucco, alcuni già staccati altri ancora posizionati sulla parete del cleristorio sud e su uno degli archi-diaframma. Attualmente, di questo ciclo decorativo si conserva in situ solo una figura acefala maschile stante, probabilmente un santo, che in origine doveva essere inserito in una teoria di santi, ai quali sono riconducibili un discreto numero dei frammenti recuperati. Il ciclo, databile entro la prima metà dell'XI secolo, costituisce uno dei rari esempi di decorazione in stucco dell'Italia Settentrionale e rappresenta una delle maggiori testimonianze di stucchi italiani ed europei di epoca ottoniana e romanica. Il repertorio decorativo in stucco comprende motivi vegetali (fogliame, palmette, un fiore a 4 petali con tracce di policromia), frammenti di colonnine e di capitelli, un muso di cane e una trentina circa di frammenti di figure umane (resti di loriche, di drappeggi, di scudo, di mani; un busto clipeato). E' tuttora pressoché impossibile ricostruire con certezza l'organizzazione e la sequenza delle figure umane di questo raffinato apparato decorativo, ma i restauri conservativi, recentemente condotti dalla Direzione Reg. per i Beni culturali e paesaggistici della Lombardia, hanno permesso di ricomporre almeno in parte, alcuni elementi figurati, dettagli decorativi architettonici e di classificare parti del rilievo fino ad oggi mai individuate, come una testa priva di volto. Lo stato frammentario e l'erraticità degli stucchi ha consentito, inoltre, di effettuare verifiche, sia circa la composizione materica dello stucco, sia sulla loro tecnica esecutiva. I dati acquisiti, attraverso l'osservazione dei frammenti e la realizzazione delle indagini scientifiche svolte, hanno permesso di effettuare notevoli scoperte tanto da poter scrivere un capitolo nuovo all'interno degli studi inerenti la tecnica di esecuzione dello stucco nel Medioevo. Sotto il profilo conservativo i 160 frammenti avevano subito danni anche di grave entità e irreversibili, perché per più di 60 anni erano rimasti semi-abbandonati in un ambiente fatiscente della canonica accanto alla chiesa; i danni provocati dall'ambiente sono stati aggravati dalla composizione dell'impasto a base di solfato di calcio, che come è noto, è molto igroscopico e subisce processi di solubilizzazione in presenza di umidità. Un dato fondamentale rilevato è che i frammenti sono pervenuti fino a noi senza aver subito interventi di restauro in epoca moderna. Questa situazione privilegiata ha permesso di svolgere indagini diagnostiche senza il rischio di interferenze con materiali non originali ed ha condizionato radicalmente le scelte metodologiche ed operative che sono state impostate sul principio del minimo intervento a scopo puramente conservativo. Il precario stato di conservazione di questi stucchi, unito alla fragilità intrinseca del materiale costitutivo, ha portato alla necessità di utilizzare, in particolare nella fase di pulitura, metodi di intervento che attualmente risultano ancora innovativi per questo genere di materiale. Infatti, proprio per le caratteristiche morfologiche dei pezzi non sono risultati idonei i metodi di pulitura chimica e fisica tradizionalI. Lo stucco risultava decoeso, molto assorbente e le prove svolte hanno dato risultati non soddisfacenti spingendoci ad intraprendere strade alternative. Per questo motivo si è scelto di testare l'uso del laser, svolgendo puntuali riscontri diagnostici. Complessa è stata la valutazione degli effetti della pulitura laser. Questo metodo è stato scelto in quanto in grado di assicurare il massimo grado di rimozione di uno sporco incoerente di colore grigio scuro e con scarso livello di adesione al substrato di stucco di colore chiaro. Inoltre il substrato, a causa delle sue condizioni di conservazione, avrebbe malamente sopportato operazioni di abrasione meccanica o di interazione chimica. La pulitura laser si è quindi mostrata come la più idonea ad assicurare un intervento efficace limitandone, al contempo, l'invasività. La superficie è stata indagata anche attraverso una analisi colorimetrica, considerando sbiancamenti superficiali come danneggiamenti ad opera della colorazione giallo chiaro, propria della porzione più superficiale degli stucchi, misurando le differenze in termini di luminosità tra superfici sporche e superfici pulite. Utilizzando quindi tutti gli indizi provenienti dalle osservazioni e dalle misure effettuate si può concludere che si è operato avendo valutato gli effetti di pulitura attraverso elementi oggettivi, e non con una valutazione totalmente soggettiva come spesso avviene. Ciò ha costituito un approccio più sicuro e certo, in grado di garantire al meglio delle conoscenze scientifiche attuali, gli esiti dell'intervento e la possibilità di un costante monitoraggio nel tempo. Chiudi

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PRIMA PARTE Casi applicativi ed esperienze maturate - SESSIONE II - Pitture murali
ANTONIO SANSONETTI
Introduzione

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ANNA BRUNETTO1, SALVATORE SIANO2, ANDREA SCALA3, FRANCESCA DROGHINI3
Rimozione di scialbature sui dipinti murali della Cappella del Manto in Santa Maria della Scala a Siena Continua...
1Restauri Brunetto di Brunetto Anna, Vicenza - annalaser@alice.it
2Istituto di Fisica Applicata "Nello Carrara" - CNR, Sesto Fiorentino (FI), s.siano@ifac.cnr.it
3Dipartimento di Scienze Ambientali, 'G. Sarfatti', Università degli Studi di Siena, scala2@unisi.it


Il presente contributo riguarda i criteri di applicazione della tecnica di pulitura laser per la rimozione di strati di scialbatura a calce sui dipinti murali di Cristoforo Bindoccio e Meo di Pero (1370) nella Cappella del Manto a Siena. Il Complesso del Santa Maria della Scala, di origine medioevale, rappresenta uno dei primi esempi di Xenodochio e Ospedale. Dagli anni '90 gli immensi locali stanno subendo una trasformazione, dettata dal cambio di destinazione d'uso, da una missione di assistenza sanitaria ad una di conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico. La Cappella del Manto, adibita a Pronto Soccorso fino agli anni settanta, era coperta quasi completamente da strati di scialbo. La difficoltà oggettiva di risolvere con tecniche meccaniche e chimiche le specifiche problematiche di pulitura che si presentavano in talune zone, ha stimolato una sperimentazione a largo spettro in cui è stata considerata anche l'ablazione laser.
L'impostazione metodologica adottata, sia nella sperimentazione che successivamente nell'esecuzione del lavoro, è stata quella di testare sorgenti laser, regimi di irraggiamento e ablazione tipicamente impiegati nella pulitura di materiali lapidei e metalli. Sono stati utilizzati laser Nd:YAG, 1064 nm a diverse durate d'impulso (QS, LQS, SFR, NM) ed un laser Er:YAG a 2940 nm con durata dell'impulso di 200-400 µs. I regimi ablativi sfruttati nei trattamenti di pulitura sono definibili come spallazione e vaporizzazione lenta, utilizzati singolarmente o in combinazione. La valutazione dei risultati in vari test localizzati e trattamenti estesi, mediante la misura delle proprietà fisiche delle superfici e approfondite indagini stratigrafiche, mineralogiche e chimiche, ha dimostrano l'efficacia ed i vantaggi dell'approccio laser rispetto a metodi di pulitura chimica e meccanica. La pulitura laser è stata quindi utilizzata nei restauri della Sagrestia Vecchia e della Cappella del Manto (1° e 2° stralcio lavori).
Il successo del presente intervento lascia intravedere una concreta prospettiva di utilizzo delle tecniche laser nella rimozione di scialbi da dipinti murali. Chiudi

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MARIA CAROLINA GAETANI1, ILARIA MONTINI2
Linee guida per la valutazione dell'efficacia di differenti strumentazioni Laser Continua...
1Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro
2Contrattista Università degli Studi della Tuscia


Il lavoro in oggetto sviluppa il programma di indagini esposto nella comunicazione pubblicata negli atti del convegno Aplar - giugno 2007 - ed ha come obiettivo la valutazione dell'efficacia di differenti strumentazioni laser impiegate per la pulitura di un manufatto che presenta le medesime condizioni di conservazione in ogni sua parte, consentendo pertanto un confronto su parametri omogenei.
Allorquando per risolvere un problema di pulitura di un manufatto storico artistico si ritiene utile l'adozione della tecnica laser, avviene frequentemente che la strumentazione da impiegare sia selezionata, nella migliore delle ipotesi, sulla base di "casi simili" che sono stati oggetto di pubblicazione, oppure facendo riferimento ai molti studi che hanno trattato il tema della compatibilità dei pigmenti e/o leganti con i diversi parametri dei laser commerciali, o in ultimo impiegando laser dell'azienda produttrice che meglio sa promuovere i propri prodotti. Ma poiché ciascun manufatto artistico costituisce un unicum, sia per i materiali di cui è costituito che per la sua peculiare storia conservativa, non esistono in realtà "casi simili" che possano essere significativamente di riferimento. Come, d'altra parte, non lo sono le informazioni deducibili dai lavori eseguiti su campioni, poiché non sono completamente corrispondenti alla complessità dei dipinti murali. Nella prassi, si procede allora per tentativi, adottando spesso laser che tipologicamente non sono adeguati al caso specifico e che non consentono i migliori risultati. Mancano quindi delle linee guida per sciegliere apriori, in modo più oggettivo e non a caso, la strumentazione più idonea fra quelle disponibili sul mercato. Partendo da queste considerazioni, in questo lavoro si è valutata la possibilità di individuare, in base alle tecniche esecutive e ai materiali da rimuovere correlate con le caratteristiche dei differenti laser, la migliore strumentazione. Il dipinto preso ad esempio si presentava come caso di studio ideale: il monocromatismo del graffito riduce infatti le numerosissime variabili che entrano in gioco con la presenza dei pigmenti, che avrebbero reso gli effetti della pulitura laser meno interpretabili. Nella prima fase del lavoro sono stati acquisiti i dati relativi alla natura dei materiali costitutivi, dei prodotti di alterazione e delle sostanze di restauro. A tale scopo sono state eseguite analisi chimiche con spettrofotometria FTIR, sezioni stratigrafiche, analisi colorimetriche con spettrofotometro di riflettanza, acquisizioni di immagini videomicroscopiche. Paralielamente sono stati individuati alcuni tra i laser commerciali più usati valutandoli secondo alcuni criteri metodologici: tipologia e durata dell'impulso (Q-switch, Q-switch passivo con treni di impulsi); lunghezza d'onda; range di energia e fluenza; dimensioni ed omogeneità dello spot; frequenza di ripetizione. I risultati sono stati rappresentati in tabelle in cui si riportano le valutazioni.
Nella seconda fase sono stati eseguiti test di pulitura con i laser prescelti, cui ha fatto seguito il riscontro dei risultati attraverso le stesse indagini eseguite prima di intervenire. L'efficacia della pulitura, relativamente alla quantità di materiale asportato, è stata valutata secondo la maggiore o minore saturazione del colore della superficie dipinta; le modificazioni morfologiche della superficie, le modificazioni del pH e l'innalzamento termico sono i parametri registrati nelle medesime zone del dipinto, prima e dopo l'intervento. I laser fino ad ora testati hanno evidenziato che le sostanze soprammesse sono tutte sensibili alla regione dell'infrarosso dando luogo, oltre all'ablazione, ad ingiallimenti ed ingrigimenti in funzione della durata dell'impulso. Ciò comporta, laddove questo si verifica, la necessità di procedere con una successiva pulitura chimica. Premesso che nel loro insieme tutte le apparecchiature hanno fornito risultati migliori rispetto ai tentativi di pulitura con mezzi chimici in soluzione, il raffronto fra le prestazioni dei laser ha consentito di valutare il loro grado di applicabilità al manufatto ed, estensivamente, le potenzialità ed i limiti di ciascuno di essi in relazione a questo specifico utilizzo. Chiudi

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UMBERTO BRIANZONI1, FULVIO BARATELLI1, ANGELA BALLA2
La pulitura laser delle superfici affrescate nella Chiesa di Sant'Antonio "alla Motta", Varese Continua...
1Arkè snc, Varese
2Dottore di Ricerca in Restauro


La Chiesa di S. Antonio Abate fu edificata alla fine del XVI secolo solo dopo la metà del secolo successivo fu dato avvio al ricco apparato decorativo barocco costituito da una complessa scenografia fatte di finte architetture realizzate dal quadraturista varesino G. B. Baroffio (1756) che affresca le pareti, creando l'illusione di parapetti, balconate, colonnati; le pareti vengono trasfigurate dalle architetture proiettate su di esse a dilatare il perimetro e a sfondare le volte con una sequenza di spazi nei quali l'artificio crea il verosimile, illudendo la ragione. G. B. Ronchelli affresca la volta con la "Gloria di S. Antonio" e del coro con "l'Esaltazione della Croce". Le tecniche esecutive sono tutte riconducibili alla pittura a calce con forti concentrazioni di pigmenti nei colori più scuri con conseguente perdita di legante e come tali con una congenita "debolezza" che rendeva difficile a priori qualsivoglia trattamento di pulitura. Nel caso specifico di Sant'Antonio, le pitture denunciavano un grado di coesività dismogeneo con risposte altamente differenziate a seconda delle zone interessate. I dati emersi dalle analisi e dalle campionature eseguite escludevano la possibilità di qualunque intervento per via umida pertanto in un primo tempo si è optato per un intervento con gomme Wishab. In tutti i casi di forte decoesione con sollevamento della pellicola pittorica, l'intervento non poteva effettuarsi se non dopo un preventivo consolidamento della parte interessata. Lungo altre zone, dove non si manifestavano sollevamenti di pellicola pittorica, ma comunque una forte decoesione, la metodica tradizionale diventava inapplicabile perché tendente a rimuovere il colore fortemente decoeso e polverulento. Anche là dove era possibile un intervento con gomme Wishab, i risultati non erano per nulla ottimali nel senso che si determinava una gradualità nei residui di sporco tali da creare effetti "a macchia di leopardo" con zone relativamente pulite accanto ad altre con un grado notevole di sporco. Per di più queste ultime zone si sostanziavano come impulibili con le metodiche abituali. La difficoltà oggettiva di ottenere un livello di pulitura ottimale ha indotto ad effettuare prove con la tecnologia laser, utilizzata successivamente su gran parte dei 1400 mq. di superfici affrescate. La pulitura a laser molto selettiva è stata eseguita al fine di rimuovere ed asportare depositi e sostanze estranee, calibrando opportunamente i parametri dell'apparecchiatura laser (Art Laser di Lambda Scientifica) agendo in superficie (pochi micron) e garantendo la conservazione delle patine. Di notevole importanza sono le analisi eseguite sugli intonaci e sulle pellicole pittoriche prima dell'intervento e dopo l'intervento di pulitura. Durante le diverse prove effettuate differenti non solo per le zone interessate ma anche differenziate nei parametri impiegati, la tecnologia laser si è dimostrata particolarmente rispettosa non solo dei colori originali, ma anche delle pesanti ed estese ridipinture consentendo di ottenere buoni risultati. Infine tale metodologia ha consentito di ottenere una pulitura omogenea, evitando gli effetti negativi intrinseci alla pulitura prettamente meccanica. Per concludere, sottolineando il carattere strumentale del metodo laser, come tutti i mezzi, la sua efficacia in positivo o negativo dipende non solo dalla strumentazione ma anche dall'esperienza e dalla sensibilità dell'operatore, riteniamo che dalle prove fatte, il metodo laser non solo si è dimostrato il più adatto, ma è anche l'unico (in questo caso) in grado di garantire un livello di pulitura ottimale nel pieno rispetto della fragile pellicola pittorica. Chiudi

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PRIMA PARTE Casi applicativi ed esperienze maturate - SESSIONE III - Manufatti metallici
GIANCARLO LANTERNA
Introduzione

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PAOLO BELLUZZO
Pulitura laser di manufatti in argento Continua...
Restauratore diplomato presso la Scuola di Alta Formazione dell'Opificio delle Pietre Dure, Firenze

Oggetto della ricerca sviluppata dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, in collaborazione con l'Istituto di Fisica Applicata "Nello Carrara" (CNR) di Sesto Fiorentino, è la valutazione delle potenzialità applicative della pulitura a mezzo laser nel restauro di manufatti in argento. Si tratta del primo lavoro sperimentale sistematico sull'argomento, dopo la definizione generale dei parametri di irraggiamento e qualche esperienza in ambito archeologico nel restauro di monete romane e medioevali. Le finalità della ricerca si incentravano soprattutto sull'accertamento della possibilità di rimuovere le sostanze di degrado preservando al contempo quell'esile pellicola definita "patina" dell'argento, specialmente su opere che, per qualche ragione, non possano essere sottoposte a smontaggio e sulle quali, pertanto, non possano essere impiegate le tecniche e i materiali consueti in un approccio tradizionale. Lo strumento di pulitura utilizzato in questo lavoro è un laser Nd:YAG (1064 nm) cosiddetto Long Q-Switched (modello Vario di EI.En. SpA) con durata d'impulso di 120 ns ed energia di 130 mJ. Il dominio di fluenza impiegato è stato limitato tra 0,5-1 J/cm2, che garantisce un margine di sicurezza notevole rispetto a fenomeni di microfusione superficiale. Lo strumento è stato applicato su un gran numero di suppellettili liturgiche in argento, diverse per tipologia, tecnica di realizzazione, destinazione d'uso ed epoca (variabile tra la metà del XVI e la fine del XIX secolo), ma accomunate da un intenso annerimento della superficie. La sperimentazione si è estesa anche ad un lotto di monete in argento provenienti dal relitto del piroscafo Polluce, affondato nel 1841 al largo dell'isola d'Elba, caratterizzate da un più complesso stato di conservazione. La ricerca ha permesso di individuare un nuovo approccio al problema della pulitura degli argenti ossidati ed una conseguente metodologia, che unisce l'intrinseca selettività ed efficacia dell'irraggiamento laser ad una rifinitura meccanica lieve e rapida, tale da non comportare né uno stress per l'opera né una dilatazione dei tempi richiesti per il lavoro. Ciò che subito ha colpito è stata, infatti, l'estrema efficienza e rapidità del trattamento laser, sicuramente superiore rispetto ai metodi tradizionali: le sostanze di degrado sono state efficacemente rimosse in breve tempo, operando con valori di fluenza contenuti entro parametri di sicurezza per l'opera. I risultati conseguiti sugli oggetti della sperimentazione sono ritenuti eccellenti, dal punto di vista sia conservativo sia estetico: le analisi scientifiche condotte hanno confermato infatti la sicurezza dell'approccio, non registrando alcuna modifica sostanziale della tessitura superficiale degli oggetti; esteticamente, i risultati sono del tutto paragonabili a quelli che si sarebbero potuti ottenere con i tradizionali metodi abrasivi di pulitura, con il significativo vantaggio di operare con grande velocità. Le prospettive che si sono aperte su tale nuovo approccio alla conservazione degli argenti sono sicuramente molto interessanti e degne di futuri sviluppi. Chiudi

103
ANTONIO MIGNEMI, ANNALENA BRINI, ANDREA CAGNINI, SIMONE PORCINAI
Variante innovativa nella pulitura dei bronzi esposti all'aperto: messa a punto e applicazione di trattamenti laser nel restauro del San Giovanni Battista del gruppo scultoreo 'decollazione del Battista' di Vincenzo Danti Continua...
Restauratori, Firenze, antoniom@virgilio.it

Il lavoro presentato è parte di una Tesi di Diploma di Restauratore di Beni Culturali della Scuola di Alta Formazione dell'Opificio delle Pietre Dure (settore Bronzi ed Armi Antiche) che ha riguardato l'intervento di restauro sulla statua di San Giovanni Battista del gruppo scultoreo "Decollazione del Battista" di Vincenzo Danti. Il gruppo, realizzato nel 1571, è composto da 3 figure, la Salomè, il San Giovanni e il Carnefice, ed era collocato sopra la porta del Pisano nel lato Sud del Battistero di Firenze. Dal confronto fotografico tra le immagini del dopoguerra e quelle prima del restauro si evidenzia il forte degrado dovuto all'aumento degli inquinanti atmosferici che hanno accelerato i processi corrosivi.
Gli argomenti focali sviluppati in questo lavoro riguardano l'individuazione di differenti fenomenologie di alterazione, la messa a punto e la conseguente applicazione su tali zone di trattamenti di pulitura basati su tecniche fisiche (laser) e chimiche. Nel corso delle operazioni di restauro, condotte da Elena Della Schiava e Antonio Mignemi con il coordinamento di Stefania Agnoletti e Annalena Brini sotto la direzione di Annamaria Giusti, è stata riscontrata una efficacia parziale delle tecniche solitamente adottate nella pulitura dei bronzi di epoca rinascimentale esposti all'aperto e quindi l'intervento ha comportato una combinazione di tecniche meccaniche, chimiche, e fisiche (laser) quest'ultima con un nuovo approccio. Da alcuni anni la tecnica laser viene impiegata di frequente sui bronzi dorati ma in questo lavoro, grazie a due varianti innovative, è stata per la prima volta estesa a superfici bronzee non dorate. La prima consiste nell'irraggiamento laser (Nd:YAG 1064 nm impulso 50-110 µs; Fluenze operative ottimizzate da 2 a 4,1 J/cm2) attraverso l'interposizione di uno o più strati di carta giapponese bagnata da solventi; la seconda prevede la costruzione di un contenitore con pellicola trasparente a contatto con la superficie allo scopo di formare una vaschetta capace di contenere una quantità di acqua con bassa percentuale di tensioattivo. Il fascio laser passa attraverso la pellicola ed il volume del liquido, raggiunge la superficie alterata, e innesca una serie di reazioni chimico-fisiche che provocano la rimozione delle alterazioni superficiali. Il contributo analitico è stato molto importante in quanto ha permesso di indirizzare le scelte operative per ogni tipo di alterazione superficiale e, conseguentemente, individuare le tecniche di pulitura ottimali da adottare (date anche le particolari difficoltà incontrate nel trattamento delle superfici del manufatto per il tipo di lega (adottato), per la tecnica e per la sua storia di relazione con l'ambiente). Altro problema rilevante è stato quello del recupero delle tracce di doratura a foglia, ancora presente sotto gli spessi strati di alterazione e deposito; affrontate con tecniche di pulitura chimica (EDTA Tetrasodico e Sali di Rochelle) applicate ad impacco tramite supportanti (Gel Rigido e Silice Micronizzata) messe a punto attraverso test effettuati su provini nel laboratorio di restauro. Chiudi

113
MARI YANAGISHITA, MARTINA FONTANA
Saldatura a mezzo laser nel restauro delle oreficerie Continua...
Restauratrici, Firenze

A distanza di un anno dalla prima edizione dell'Aplar dove è stato presentato il primo caso dell'applicazione della saldatura a mezzo laser nel campo di restauro attraverso l'esposizione del percorso di ricerca di una tecnica d'intervento con la quale ricongiungere migliaia di frammenti e di garantire stabilità meccanica e qualità estetica, (ricerca effettuata nel settore oreficerie dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze), in questa seconda edizione del convegno si intendono mettere in luce gli aspetti più tecnici di una saldatura laser su metalli: tipo di saldatura, uso di apporti metallici estranei, impostazioni parametriche operative e qualità meccanica ed estetica che ne conseguono. Verrà inoltre esposta una relazione sul restauro del pendente raffigurante il Pellicano che nutre i suoi piccoli, del Museo Alessi di Enna, oggetto della tesi di diploma di Martina Fontana conseguita presso l'OPD nel 2007. Tale intervento esemplificherà il consolidarsi dell'applicazione della saldatura a mezzo laser come tecnica d'intervento indispensabile ed efficace, in alcuni casi specifici, in relazione allo stato di conservazione di un'oggetto. Chiudi

123
ELISA PUCCI
Il recupero di dorature ed argentature attraverso la pulitura laser: il restauro dello Sportello bronzeo della cassaforte di Cosimo I e di una storia di David in ferro sbalzato Continua...
Restauratrice, Firenze

Entrambi i manufatti presi in esame, purché di diversa tipologia, hanno dimostrato delle condizioni particolari di estrema fragilità, per cui la fotoablazione laser ha rappresentato la metodologia d'intervento più appropriata grazie ad una serie di vantaggi che vanno a caratterizzare la sua efficienza rispetto ad altri metodi di pulitura.
La fotoablazione laser è stata impiegata come unico metodo di pulitura per il recupero di dorature ed argentature in sostituzione delle tecniche convenzionali (puliture di tipo chimico/meccanico), le quali avrebbero portato nell'intervento ad esiti parziali, con una difficoltà di controllo operativo rischiosa per l'integrità delle superfici trattate, causando dei danni di tipo irreparabile. In particolare la formellina in ferro sbalzato decorata con damascature ha comportato una notevole complessità d'intervento essendo una tipologia di manufatto estremamente delicata per la finezza decorativa e per i materiali costitutivi quali oro, argento e ferro. Quest'ultimi hanno causato nel tempo conseguenti stati di alterazione di tipo inorganico legati alla diversa natura del metallo ed uno stato avanzato di alterazione di tipo galvanico che ha contribuito ulteriormente ad indebolire l'adesione meccanica delle damascature. Per cui l'intervento di pulitura necessitava di un forte grado di selettività, controllo ed una elevata precisione che solo l'ablazione laser era in grado di indurre, discriminando tra superficie sporca/alterata e superficie pulita. Un intervento condotto mediante puliture meccaniche/chimiche avrebbe comportato il rischio di distacco delle damascature, eventuali loro sollevamenti e la rimanenza di residui solidi i quali possono rimanere intrappolati al di sotto delle decorazioni, difficilmente rimovibili in un secondo momento in quanto si possono generare altri tipi di problemi. In entrambi i casi è stato importante valutare la tipologia di laser da impiegare in relazione allo spessore dei metalli decorativi e loro proprietà chimico/fisiche e le fluenze operative in modo tale da rispettare la tessitura superficiale dei tre metalli costituitivi. Le due tipologie di laser impiegate sono le seguenti:
a) laser Nd:YAG impulsato di tipo Q-Switched per il restauro della formellina in ferro sbalzato, impiegando delle fluenze operative tra 0,8/1 J/cm2: un laser con una durata d'impulso relativamente più corta (25ns) per mezzo del quale l'energia viene dissipata entro un'area pressoché superficiale. Questa eccitazione termica interesserà un preciso volume (qualche decimo di micron) a seconda delle caratteristiche intrinseche e dell'opacità degli strati di alterazione incontrati durante l'irraggiamento, ovvero una patina organica stratificata superficialmente, uno strato opaco molto compatto ed adeso (solfuro d'argento), uno strato di alterazione incoerente di ossidi di ferro provenienti dal supporto. La pulitura laser ha interessato anche il supporto in ferro della formellina, in questo caso alternata ad operazioni meccaniche (rifinitura a bisturi e mediante ablazione meccanica con spazzolina di setola dura), provocando i seguenti fenomeni: una disidratazione degli ossidi di ferro idrati e degli ossidi di ferro anidri; un fenomeno di spallazione della ruggine allo stato più incoerente (eliminazione degli ossidi idrati a favore di ematite); una conversione degli ossidi ferrosi in ossidi più stabili.
b) laser Nd:YAG impulsato di tipo Short Free-running con fluenza operativa di 1,5 J/cm2 per la pulitura delle cornici dorate a foglia dello Sportello. Metodologia d'intervento già ampiamente sperimentata sui bronzi dorati, capace di rimuovere in modo selettivo e graduale il materiale estraneo, mettendo in luce il suo caratteristico colore giallo lucente. L'utilizzo di solventi organici per la solubilizzazione delle sostanze organiche stratificate in superficie, anche se supportati, possono causare il fenomeno di leaching sullo stato di missione di olio di lino invecchiato con conseguente irrigidimento del film oleoso, compromettendo l'adesione dei residui di doratura. Chiudi

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SECONDA PARTE Interventi scientifici
LORENZO LAZZARINI
La nascita della pulitura-laser, una testimonianza

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LEONARDO MASOTTI
Sviluppo della ricerca nella strumentazione

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PIETRO CAPONE
Sicurezza laser in cantiere e in laboratorio

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SESSIONE POSTER
S. E. ANDRIANI, G. DAURELIO, D. MARANO, I. M. CATALANO
Dalle ricerche in laboratorio alle soluzioni in situ: la pulitura dei graffiti Continua...
Università degli Studi di Bari, dipartimento di Fisica, andriani@fisica.uniba.it

Il progredire repentino della civiltà industriale, attraverso l'effetto modificante provocato dall'inquinamento, è da annoverarsi tra le cause che oggi contribuiscono all'alterazione del patrimonio artistico di ogni paese. Tuttavia una nuova forma di degrado, antropomorfa, è comparsa nel già vasto panorama delle forme di alterazione che deturpano le opere d'arte: i graffiti. Questa nuova tipologia di degrado moderno, comporta notevoli difficoltà nell'opera di pulitura rimozione, infatti i graffiti sono il risultato di "scritte" eseguite sia con pitture di tipo sintetico che con pennarelli e markers, le cui composizione oltre ad esser coperta da diritti di copyright, varia continuamente. Tra le diverse tecniche di pulitura adottate per cercare di risolvere il problema della pulitura dei graffiti, dalla micro-sabbiatura a quelle offerte dalla panacea dei prodotti chimici, presso il laboratorio di "Monumental & Industriai Laser Cleaning" dell'Università degli studi di Bari è in corso uno studio sistematico finalizzato alla ricerca dei parametri laser di irraggiamento ottimali al fine di garantire una rimozione completa dei graffiti da superfici lapidee. L'indagine è partita dalla realizzazione in laboratori di graffiti artificiali adoperando i pennarelli tipici dei graffitiari. Si sono analizzati ben 12 differenti tipologie di spray su 2 litotipi caratteristici dell'architettura Pugliese provenienti dal bacino di Trani e Bari: Scoppato, Pietra Leccese e su campioni del Marmo di Carrara (venato grigio). I campioni sono stati sottoposti ad "invecchiamento" naturale: esposti al soleggiamento e agli agenti atmosferici per 12 mesi. Nella fase sperimentale sono stati condotti tests di laser cleaning adoperando due diverse sorgenti laser a Nd:YAG operanti in Short Free Running (durata dell'impulso 40-110 µs) e in Q-Switch (durata dell'impulso 8ns) sia in modalità Dry, Wet che very Wet. La tecnologia laser migliora la sua efficienza di ablazione se opportunamente combinata a particolari tecniche di cleaning. L'obiettivo è quello di trovare soluzioni "cantierizzabili" ossia soluzioni semplici e a basso costo in grado di risolvere in cantiere problemi di pulitura da graffiti. Sono state adoperate la tecnica Daurelio n.1 e la tecnica Daurelio n.2, inoltre tests di pulitura meccanica sono stati condotti con l'ausilio di una microsabbiatrice al fine di confrontare non soltanto l'efficienza della pulitura tra le due tecniche, laser e microsabbiatrice, ma anche l'integrità superficiale del substrato dopo l'intervento di cleaning. Un esempio di effettivo trasferimento tecnologico-scientifico dal laboratorio al cantiere è stato quello dell'intervento conservativo di pulitura eseguito dallo staff del laboratorio sulla Cattedrale di Trani e Palazzo De Mattis Corato. Chiudi

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P. BUSCAGLIA - O. CHIANTORE - P. CROVERI - M. DEMMELBAUER - D. DEMONTE - M. GANIO - R. GENTA - A. GIOVAGNOLI - A. LAGANÀ - P. LUCIANI - M. NERVO - A. PICCIRILLO - F. ZENUCCHINI
Valutazione dell'efficacia del processo di ablazione superficiale mediante utilizzo di tecnologia laser per il trattamento e la pulitura di componenti di interesse artistico

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MARTA MASCALCHI1, ANDREA SCALA2, SALVATORE SIANO1
Parametri laser ottimali per la pulitura di dipinti murali: studio su provini di laboratorio Continua...
1Istituto di Fisica Applicata "Nello Carrara" - CNR, Sesto Fiorentino (FI), S.Siano@ifac.cnr.it
2Dipartimento di Scienze Ambientali "G. Sarfatti", Università di Siena, Siena


Nel presente lavoro sperimentale è stato studiato il comportamento di stesure di pigmenti al variare delle condizioni e dei parametri di irraggiamento laser. I test sono stati eseguiti su ematite, ocra gialla, ocra rossa, terra di Siena naturale, terra verde e cinabro applicati a fresco. Dopo diverse settimane, le superfici dipinte sono state parzialmente ricoperte con strati a base di nero fumo, calce e Paraloid per simulare problematiche di pulitura associate alla presenza di scialbature e trattamenti protettivi alterati applicati nel passato. I provini così realizzati sono stati irraggiati utilizzando tre dispositivi laser Nd:YAG (λ=1064 nm) con diverse durate d'impulso: 8 ns (QS), 120 ns (LQS) e 40-150 µs (SFR). Sono state inizialmente determinate le soglie di danneggiamento, procedendo con aumenti graduali di densità di energia e numero di impulsi incidenti sulla medesima area. Ciò ha permesso di ottenere i limiti operati di fluenza nelle successive prove di pulitura. Gli effetti di alterazione sono stati analizzati in maniera approfondita attraverso la misura delle proprietà ottiche di superficie, analisi stratigrafica in microscopia ottica ed elettronica ed analisi diffrattometrica per identificare trasformazioni di fase. L'analisi dei dati consente una prima classificazione delle problematiche di pulitura che possono essere affrontate utilizzando tecniche di ablazione laser e dei rispettivi parametri laser ottimali.
La sperimentazione è stata condotta utilizzando diverse tipologie di laser e diversi parametri di funzionamento al fine di poter valutare la migliore combinazione per ogni tipologia di provino in relazione all'obiettivo definito per le diverse sperimentazioni. In particolare sono stati usati i seguenti laser: Laser Nd:YAG prototipale LQS; Laser Nd:YAG EOS 1000; Laser Er:YAG. Sui campioni test opportunamente invecchiati sono state pianificate indagini scientifiche il cui obiettivo primario è il controllo macroscopico (modificazioni estetiche) e microscopico delle trasformazioni che avvengono a livello di superficie e di bulk nei sistemi compositi che costituiscono i campioni test sottoposti a prove di pulitura controllata mediante strumentazione LASER. Le attività di ricerca sono state mirate principalmente: 1) alla caratterizzazione dei provini test; 2) allo studio stratigrafico dei provini; 3) allo studio delle trasformazioni che avvengono a livello delle superfici dei materiali sottoposte a pulitura LASER che possono comportare un danneggiamento dei materiali costituenti le opere d'arte sia da un punto di vista estetico (variazioni cromatiche e di gloss delle superfici a vista) che dal punto di vista conservativo (variazioni di composizione, di area superficiale e di rugosità che possono modificare le proprietà fisiche delle interfacce opera-ambiente e innescare situazioni di non-equilibrio che favoriscono l'attivazione di fenomeni di degrado o di corrosione) - all'approfondimento dei meccanismi di ablazione fotochimica e fototermica causati dal fascio laser sulle stesure composite e di eventuali effetti indotti sui substrati sottostanti. I risultati delle indagini scientifiche, correlati con i parametri utilizzati per modulare le condizioni di pulitura (tipo di laser e di lunghezza d'onda impiegata, frequenza e durata d'impulso, fluenza superficiale), permetteranno di valutare l'efficacia, la selettività e la non interferenza della tecnica LASER per i diversi campioni impiegati e quindi di mettere le basi per costruire una banca dati articolata per tipologie di materiali artistici che possa dare indicazioni sulle metodologie appropriate e sulle soglie di pericolosità da considerare nell'approcciarsi ad un intervento di pulitura di manufatti artistici. Nel corso del progetto verrà inoltre sperimentata la strumentazione LIBS con il medesimo obiettivo per valutare il potenziale della tecnica analitica come strumento diagnostico e di controllo nelle operazioni di pulitura laser nel settore dei beni culturali. Chiudi

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A. SANSONETTI - M. CAMAITI - M. MATTEINI - J. STRIOVA - E.M. CASTELLUCCI - A. ANDREOTTI - M.P. COLOMBINI - A. DE CRUZ
Le potenzialità del laser Er:YAG per la pulitura dei dipinti murali

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SCHEDE TECNICHE LASER 211